Non ricordo se ho già scritto un post su questo argomento, o se l’ho solo pensato, non mi importa. Mi interessa analizzare questa mia particolare forma di masochismo, questo volermi male pur essendo, e in tanti possono confermarlo, la persona in assoluto più positiva al mondo.

cosa accade, dunque? Quali sono i meccanismi che regolano questa ipocondria bislacca?

Quando tutto va male, io sono ottimista allo snervo, sono talmente ottimista che do noia alla gente “normale”.

E quando tutto va bene, che cosa se ne fa una inguaribile ottimista come me? Si annoia. Non ho modo di essere ottimista, se tutto va bene. Pertanto vado in ipocondria… Qualcosa DEVE andare male, e se non ci va da solo, facciamocelo andare. 

Ma l’ipocondria del dolore è ancora più subdola, perché regola una scala di dolore tutta sua, al contrario. Ci sono seri motivi per soffrire? E allora, creiamoci motivi futili per cui soffrire, così quelli grandi risultano più confusi. È una ipocondria masochistica, dicevo. Perché più ci sono motivi seri per stare male, più mi inebrio di motivi futili a corredo…

Sto combattendo la mia battaglia personale contro questa mia malattia mentale (e tale è, sia chiaro), mi sto impegnando per rimettere tutto nella giusta scala dei valori, dare un giusto tono.

E se fino ad ora non avete capito un caxxo di questo mio post, l’esempio è lampante ed esplicativo: il Generale sta male, non si vede via di uscita, anzi va sempre peggio, sempre con ottimismo, ma va che non ci si vuole neanche pensare troppo, perché è così bello vivere un giorno alla volta, quando ci sono malattie così gravi.

E direi che basta, no? Non basta? Vogliamo distrarci dalla malattia del generale? Ma si, distraiamoci, creiamo allora un bel casino sul lavoro, litighiamo di brutto a casa con il compagno, litighiamo con qualche amica a caso…

…no. Basta. Non voglio più vivere così.

Ho voglia di litigare, un’amica mi fornisce un alibi, non ci casco, non litigo.

Torno a casa così in caxxata col mondo che ho voglia di distruggere M e litigare con lui allo sfinimento… Si, lo so anche io che non ha senso, ma il meccanismo mentale della mia ipocondria prevede questo. E allora torno a casa dall’ospedale che sono i fascio di nervi, che voglio sfogare la rabbia, mi ritrovo davanti il povero M che mi chiede un abbraccio e io mi scanso stizzita “lasciami stare, sono stanca”.

Ma mi sto impegnando, davvero. Questa sera mi sono fermata e mi sono persa nel suo abbraccio, ero comunque un fascio di nervi, ma ho cercato di appoggiarmi a lui, non di combatterlo. È difficile reinventarsi a 40 anni. È difficile cambiare mentalità e modo di vivere, ma l’ho scritto tante volte, sono stanca di innalzare mura per trovarmi chiusa dentro me stessa, da sola. Ho la fortuna di avere vicino chi mi ama davvero, e chiede solo di poter far parte della mia vita, mura comprese, ospedali inclusi, sofferenze da dividere in due, che non cambia il peso, ma ci si fa compagnia nel portarlo.

Il Generale non guarirà mai, questo ci è stato detto. Si allunga il tempo vita, si può migliorare e di tanto riducendo il dolore, ma non ci sono possibilità di guarigione.

E allora basta essere ipocondriaci del dolore, quando poi devi sbattere il muso contro la realtà. Che se anche ti inventi dolori di accompagnamento, nessuno potrà guarire il Generale. E quei caxxo di muri che innalzi, non ti servono più, se hai imparato ad alzarli contro di lei quando eri bambina, e adesso non riesci più a smettere.

Non c’è più il mio nemico, con questo devo fare i conti. La persona contro cui ho combattuto tutta la vita, è una persona che oggi non ha più interesse nella battaglia con me, perché ha una battaglia ben più grande da combattere, e magari io posso essere alleato. Aiutare non posso, ma esserci si.

Cerco di dire addio a quella ipocondriaca del dolore, perché non c’è più niente da inventare, non ci sono dolori da ingigantire, ne basta uno, avanza per tutto il resto.

Un giorno alla volta, io, il Generale, la mia bambina, M, il mio papà che sembra l’ombra di se stesso.

Un giorno alla volta.