Affetti diversi

In questi ultimi mesi, sicuramente da quando mia figlia è andata a vivere con il fidanzato, mi rendo conto che tornare a casa ed avere i gatti è una mia piccola “ancora di salvezza” per non subire il colpo del “nido vuoto” di cui parlano tutti i trattati di psicologia.
Avevo scritto un post in cui evidenziavo la mia preoccupazione per i gatti, lasciarli da soli quando io sono via, ben sapendo che io sono via spesso, per lavoro ma ancor più spesso per amore. Avevo scritto che per egoismo volevo provare a tenerli e gestirli facendomi aiutare da vari amici che potevano andare a casa mia a curarli in mia assenza. Quando avevo scritto quel post, ero certa che fosse per puro egoismo mio, ma avevo forti dubbi sul fatto di poter gestire questa cosa, perché comunque si sa che un animale è un impegno (figuriamoci due), e i gatti li avevo presi principalmente per mia figlia, che ora non c’è più ed i gatti non li vuole (strano, vero?)
Ultimamente ho fatto un pensiero sul mio rapporto con gli animali domestici, che nel corso della mia vita sono stati un buon numero. Parto dal ricordo di me bambina, io sono cresciuta in una fattoria, ero circondata continuamente da “bestie” (da noi il termine indica qualsiasi animale 🙂 ) e sono cresciuta tra anatre, galline, conigli, cani, gatti… bestie adulte, cuccioli, in inverno portavamo in casa ceste di neonati per tenerli vicino alla stufa al caldo, ho infiniti ricordi di ceste di minuscoli gattini, pulcini, coniglietti, minuscoli anatroccoli… per me vivere in mezzo agli animali è sempre stato normale. Allo stesso tempo però, non ho mai avuto a fondo la concezione di “animale domestico”, perché erano tutti animali da fattoria. Da grande, in casa, ho avuto gatti, conigli, pesci rossi, cavie, cincillà, cani… li ho avuti e persi, per morte naturale, per averli regalati, e così via. Ne ho sofferto ma non me ne sono mai fatta una “malattia”. Anche quando ho dovuto lasciare il MIO (lo chiamo ancora mio, ancora oggi) cane alla mamma di M, sono stata male e ancora oggi quando lo sento abbaiare mi affaccio per guardalo passare. Mi dispiace e mi manca tantissimo, ma fa parte della vita e mi ripeto che in fondo, “è un animale”, per quanto parte della famiglia e di casa, però riesco a farmene una ragione.
Con questi due gatti invece, mi rendo conto che sto cambiando. Sicuramente perché ho la “sindrome da nido vuoto” e mia figlia non è più a casa con me. E loro due invece, sono lì. Mi è capitato per la prima volta in queste feste natalizie, di sentire forte la loro mancanza. E’ stato strano, perché normalmente ho sempre sentito fortissimo la mancanza di mia figlia (come inevitabilmente è capitato anche quest’anno), ma questa volta mi è partita questa fortissima mancanza nei confronti dei gatti.
Vabbè. Penso sia una cosa normale visto “il nido vuoto”.
Volevo più che altro fare un post da vecchia gattara in cui parlo di quanto sono bellissimi e speciali e amorevoli i miei due gatti meravigliosi! 😀

Senza bilanci e senza bilancia

Ho pubblicato oggi un articolo che avevo scritto prima di Natale, di cui mi ero dimenticata. Avrei potuto intitolarlo “di bilanci e bilancia”, come d’abitudine sul finire dell’anno, ed in effetti in quel post il bilancio era importante (per il discorso lavorativo) e della bilancia meglio non parlarne, ben sapendo che quando la bilancia è positiva significa che la vita mi gira bene, non riesco mai ad essere incavolata se metto su qualche kg, e che li perdo fin troppo velocemente quando affondo nella mer*a.
Avevo scritto del lavoro perché quel giorno ero sovraccarica di emotività alle stelle, l’aver chiesto, l’essermi esposta, l’aver ottenuto, i riconoscimenti, i progetti, la voglia di mettermi in gioco, e così via.
In realtà il 2023 mi ha portato anche l’enorme cambiamento di mia figlia che è andata “a convivere” (mi fa impressione, ma è così), ha aspettato settembre per vedere dove l’avrebbero assegnata come scuola (il suo istituto ha classi in giro per la città) e il caso ha voluto che fosse assegnata a 5 minuti a piedi da casa del suo fidanzato… se mai avesse avuto dubbi sul fatto di rimanere con lui, eccoli sfumati. Per chi mi chiede, sappiate che mi rendo perfettamente conto che una ragazza di 18 anni, al 5 anno di scuola superiore, non ha senso che conviva con il fidanzato. Non sono cretina. Ma come si dice “ognuno deve guardarsi in casa propria” e in casa mia, tutto questo ha un significato ben preciso. Io che sono sempre via, per lavoro e/o per amore. Mio padre che entra ed esce dagli ospedali. Mia figlia che a casa di suo padre non va volentieri. Il fidanzato di mia figlia che è un bravo ed onesto ragazzo che lavora sodo e vive da solo. Mettendo nel calderone tutto questo, quale motivo ho io per costringere mia figlia a stare a casa da sola? Ma non voglio neanche stare qua a spiegarla più di tanto, lei è felice, io sono serena e tranquilla e la vedo felice, non occorre altro né a me né a lei.
Torno un passo indietro e riprendo questo 2023 appena finito. Ci sono stati momenti davvero difficili e purtroppo la situazione di mio padre è degenerata. Il tumore si è ripresentato e non esiste altra cura se non l’asportazione chirurgica, ogni volta che si ripresenta una formazione. Sappiamo tutti che non si può asportare all’infinito. Il 2024 è un maledetto anno bisestile e si è aperto con poche prospettive, se non il vivere un giorno alla volta che è comunque l’unico modo che conosco per affrontare queste situazioni.
Ma riprendo ancora questo 2023 appena finito perché vorrei anche ricordarlo come un anno in cui ho avuto una conferma importante, per nulla scontata, ma così intensa e così perfetta, che non saprei come poterla incorniciare, eppure voglio incorniciarla, perché ho vissuto ogni mio giorno, fisicamente vicini o lontani ma comunque insieme, con questo uomo che sa sorprendermi ogni volta. Non riesco a riassumerlo in un post, figuriamoci in poche righe, ma vivere un anno intero insieme a lui è stato speciale, intenso, importante. Ogni giorno è stato degno di essere vissuto ed ogni giorno dà significato al senso stesso della parola vivere, quando è così vivere attivo, pieno di emozioni, anche soltanto semplicemente essere sul divano abbracciati a guardare un film, che di semplice non c’è nulla, perché il solo essere lì in quel momento ha tutta una forza emotiva ed un’emozione che non si può spiegare se non vivendola.
E noi l’abbiamo vissuta, tante e tante volte, e tante e tante e tante ancora la vivremo.
Al momento è questo il pensiero felice che voglio portare con me per questo 2024, perché tante cose fanno paura, ma questa, questa, è proprio una piccola grande parentesi di felicità che spero di potermi tenere stretta più a lungo possibile.

“quasi Natale”

Oggi è stata una di quelle giornate da cancellare e incorniciare contemporaneamente. Da cancellare come le mille volte degli anni precedenti in cui l’ultima giornata “operativa” prima delle feste mi ha sempre portato a correre correre correre e cercare di fare troppe cose contemporaneamente fino ad esaurirmi di stress e stanchezza. Ed oggi ero operativa al lavoro quindi avevo anche le classiche mille incombenze da “chiusure prima delle feste”, quando sembra che il mondo si debba fermare ed occorra risolvere tutto prima di sera. Ho incastrato mille cose e ci sono arrivata in fondo, ma una fatica che sicuramente ogni anno sento più pesante.
Ma dicevo, giornata anche da incorniciare. Soprattutto perché a pranzo ero con mia figlia e mio babbo e abbiamo fatto una mini festa “anticipo” di Natale, perché lei domani partirà per trascorrere le feste con il suo fidanzato a casa dei genitori di lui… mi fa tanto impressione pensarlo, figuriamoci scriverlo, ma loro sono così carini, così felici, ed è bellissimo vedere una giovane coppia costruire la propria storia… sono felice, tanto, per loro. E sono felice di “rubare” momenti come oggi a pranzo, tra chiacchiere, commozione, regali, sorrisi, e così tanto amore che la casa era piena e non mancava nulla.
Oggi comunque è stata soprattutto una giornata “tutta per me”, la scorsa settimana avevo ricevuto l’offerta definitiva dall’azienda con cui avevo fatto colloqui e di cui avevo scritto, mi propongono 45k, insomma, son soldi. Tanti. Per proporzione, adesso ne prendo poco più di 36k… a fronte di questa offerta, e grazie ai consigli del mio uomo che mi hanno aperto gli occhi e spronato, non so come ma ho trovato il coraggio di chiamare il mio capo per dirgli di questa proposta. La faccio breve, oggi il mio capo mi ha chiamata per dirmi che oltre all’annuale premio di produzione (già riconosciuto nella busta paga di dicembre), ricevo una promozione ed un aumento di stipendio a 40k. Ho accettato, non ci ho neanche pensato, sentivo al telefono che lui stava un po’ con il fiato sospeso, probabilmente avrei potuto rilanciare e chiedere qualcosina in più, me lo avrebbero concesso, ma sono da sempre la peggiore giocatrice di poker del mondo, e tanto mi basta e ho detto ok, senza neanche chiedere tempo per pensarci su.
La verità è che ci avevo già pensato su parecchio, e sapevo già che avrei accettato di rimanere, ben sapendo (me lo aveva già detto qualche giorno fa al telefono) che comunque un aumento mi sarebbe stato riconosciuto. Un po’ perché l’altra azienda mi ha fatto aspettare due mesi per una proposta, e parlando con la mia ex collega (che lavora in quella azienda), ho capito che al momento sono in fase di cambi al vertice, riorganizzazioni importanti, un marasma. Entrando in questo momento sicuramente avrei avuto spazio per farmi valere, ma senza garanzie, un salto nel vuoto. Dove sono ora ho avanzato richieste ben precise in merito a ruolo ed impegni, e so bene di cosa sto parlando. Insomma.
Al momento sono ancora tutta scombussolata da questi ultimi giorni di lavoro in cui mi sono buttata fuori molto più di quanto è nelle mie corde, e non riesco ancora a capacitarmi di aver ottenuto qualcosa. Due anni fa avevo scritto un post simile, era stata la prima volta in vita mia in cui avevo chiesto ed ottenuto, ed oggi ancora eccomi qua e questa cosa di vedermi così “cresciuta” lavorativamente parlando, mi fa sentire fiera di me stessa quanto incredula di averlo fatto. Eppure.
Stasera sono andata all’apericena prenatalizio organizzato dalla nostra “casa madre” ed ero da sola, nel senso che tutti si sono organizzati per andare con altri, io per vari motivi non avrei potuto, quindi sono andata e se all’inizio ero terrorizzata, alla fine conoscevo tante persone con cui poter fare una chiacchiera ed è volata via un’ora e mezzo piacevole a fare “public relations”.
Quello che volevo scrivere è che oggi ho avuto un gran bel regalo di Natale da parte della mia azienda.
Sul lavoro mi sta girando tutto bene ultimamente e penso spesso che sia una forma di compensazione per tutta la merda che ci sta intorno.
Mio babbo al momento sta bene, è a casa, ma è una spada di Damocle che non sappiamo quando cadrà. E non ho scritto “se”, ho appositamente scritto “quando”. Purtroppo.
Non mi sento ancora pronta a scriverne più nel dettaglio, è un po’ troppo difficile.

Tanto che questo post mi è rimasto nel cassetto e neanche lo ricordavo, ma oggi mi va di pubblicarlo, così com’è, senza neanche rileggerlo.

Toscana

Ho trascorso un weekend in Toscana completamente da sola, tra appuntamenti di lavoro ed un’amica che non vedevo da quando mia figlia era in fasce. Era parecchio tempo che non trascorrevo così tanto tempo da sola con me stessa e se da un lato mi spaventava, dall’altro ero curiosa di come mi sarei sentita. La certezza che mi sarebbe mancato il mio uomo, con cui ormai il weekend è “scontato”, per quanto sia “scontato” che ci vedremo ma mai scontato quanto è piacevole trascorrerlo insieme. E’ una di quelle abitudini belle che difficilmente stancano, e privarsene anche se solo per un fine settimana è una scelta difficile. L’ultima volta, sei mesi fa, quando ero andata in vacanza con mio babbo e mia figlia, ma lì ero in compagnia ed i motivi erano importanti, e comunque non ero da sola. Tutto questo per dire che non so come spiegarlo, ma questo weekend io e lui l’abbiamo trascorso insieme, seppur lontani. Abbiamo un modo di condividere le piccole cose, la nostra intimità, anche le cose più banali, in ogni momento, senza darci fastidio l’un l’altro, senza pretendere e senza invadere… è davvero difficile da spiegare e così bello che non saprei neanche come poterlo racchiudere in poche frasi. Se non che dire che questo weekend “l’ho passato da sola” non è proprio vero, ecco. Direi che “l’ho passato lontana”, che può avere più senso.
Sabato sono stata ad Arezzo ai mercatini di Natale, che neanche sapevo esistessero. Sono arrivata tardi (al mattino sveglia tardissimo e giro immancabile al mercato di Fano, un’esperienza che ormai fa parte quasi dei miei “must”), ho iniziato il giro in centro proprio mentre si accendevano le luminarie, inizialmente mi sembrava buffo vedere l’atmosfera natalizia a metà novembre, poi mi sono lasciata trasportare ed immergere in questi meravigliosi angoli illuminati, sorprendenti al punto da ritrovarmi immobile a guardare un bosco incantato, mentre una pianista sospesa a mezz’aria suonava musica eterea, questa atmosfera strana, e come alcune rare bellissime volte mi capita, mi sono commossa e ridendo ho pensato “ma guarda dove caxxo mi trovo”.
Ho scritto “rare” ma la realtà è che sono sì non così frequenti, ma ho il privilegio di rendermi conto di quante volte mi capita, la fortuna di vivere momenti così “assoluti”, sicuramente non ne scrivo sempre sul blog, ma li vivo e me li ricordo ognuno con assoluta precisione (lo scorso sabato, in cima al crinale del Sillara, tanto per dirne una recentissima). E’ un privilegio, perché sono convinta che si tratti esattamente di quel concetto così vago di “felicità”, sono piccoli momenti in cui, se hai la lucidità di rendertene conto, puoi assaporare la vera totale felicità. Momenti. Attimi. Così piccoli, così perfetti, mi si incidono nel cuore e mi commuovo perché li vedo nella loro totale perfezione.
Ho trascorso due giorni a fare la turista, ho camminato senza sosta, ho fatto un po’ di km in macchina, ho fatto mille foto, mi sono riempita gli occhi ed il cuore di meraviglia.
Domani ricoverano mio padre e martedì lo operano, questo weekend sembra cadere proprio giusto nel momento in cui doveva cadere.
Ho fatto tante visite in tante chiese, ed una offerta in particolare alla Madonna delle Sette Spade al petto, che in quel momento sentivo così tanto affine.
E per concludere, sono stata morigerata con bere&cibo, che le ultime volte in Toscana era stato un disastro, mi fa male la Toscana!
E ora via, che domani si riparte. Tutta in salita, come questi giorni tra queste meravigliose colline, che sali sali sali e sembra che non ci sia mai discesa, perché mentre affronti la salita senti tanto la fatica, quando scendi invece neanche te ne accorgi, quasi fosse normale scendere. Ma la vita no, la vita non scende e basta. La fatica della salita quasi sempre ti ripaga una volta in cima, perchè normalmente troverai panorami strepitosi che ti faranno dimenticare la fatica fatta. Quando vai in discesa invece, neanche te ne accorgi, ed è vero che non senti alcun dolore, ma non ti rimane traccia di quei momenti, così come alla fine non trovi nulla di speciale. La discesa è la fine del percorso, la fine della giornata, è il riposo, ma il riposo te lo puoi godere solo se prima hai faticato, altrimenti è solo un momento come un altro.
Insomma, quello che volevo dire è che la vita la devi affrontare, non puoi solo subirla. E quando tutto va male, non puoi solo star lì a fartela andare male. Che tante, troppe cose non le puoi controllare, e le devi subire. Ma puoi scegliere di fare qualche passo in più e cercare, nel frattempo, di prenderti quel poco di buono che c’è. Anche quando non ce n’è mica tanto, ecco.
Anche solo un parco colorato con una musica suonata al pianoforte.
Anche un solo vocale in più dei mille vocali che già ti scambi con la persona che ami.
Anche una telefonata al mio babbo, o un whatsapp con mia figlia, o una buonanotte a chi presto rivedrai.

Scrivo, non scrivo

Ho sempre detto che se non scrivo è perché le cose vanno bene, e quando le cose vanno bene viene meno voglia di scrivere, poiché ho sempre usato la scrittura per sfogare le emozioni, quando non riesco a contenerle. Ultimamente non scrivo perché sono trasportata dalla vita in un eccesso di vita stessa, trascinata da un flusso che a volte cavalco a volte arranco, per fortuna finora non mi sento travolta, sto a galla, spesso pure me ne sto a volteggiare lieta.
Sono lieta e volteggio quando trascorro del tempo con il “mio” uomo, che ormai sono quasi due anni, e mi pare ieri averlo incontrato, e mi pare quasi di non ricordare come fosse la mia vita prima di lui, da tanto è così abituale la sua presenza al mio fianco, la mia presenza al fianco suo, il nostro stare insieme che a volte è così “normale” che spaventa, eppure questi siamo noi, ed eccoci ancora qui.
Sto a galla con mia figlia che ormai convive definitamente con il suo fidanzato, lui è un ragazzo davvero in gamba e sono lietissima che sia con lui, e vederli insieme sono così innamorati, con i loro progetti di vita, i loro sorrisi, mi riempie di gioia. Certo è presto, quasi da un momento all’altro mi volto e lei non vive più con me, in realtà è stato un graduale spostamento, ma non ha alcun senso impedirlo quando la vedo che è così brava, a scuola va benissimo, vivono la loro vita onestamente con gli amici, lei è trasfigurata rispetto alla ragazzina che tanto ha sofferto negli anni passati. Bene così.
Affondo per mio babbo, che non sto qua a raccontarle tutte ma negli ultimi mesi una sequenza infinita di brutte notizie, brutti esami, brutte operazioni e di nuovo brutte notizie e così via. Siamo ancora nella melma altissima e bisogna solo tapparsi il naso e gli occhi e andare avanti un giorno alla volta. Come se già non lo sapessimo, che si va avanti un giorno alla volta. Aspettiamo di arrivare al prossimo anno e vediamo in che modo ci si arriva, cercando di non porsi troppe domande che comunque non servono a nulla quando in ogni caso le risposte non ci sono.
Sto a galla volteggiando con il lavoro, questo fine anno è stato ricco di proposte che mi sono arrivate e che mi hanno messo voglia di provare a cambiare, ma nell’azienda attuale sto così bene, nessuno mi rompe le scatole, il lavoro mi piace, l’azienda è solida, le attività ci sono, ho parlato con il mio capo perché vorrei più riconoscimento e più attività in carico, e perché no un piccolo aumento… la risposta è stata sì, al momento sto aspettando che arrivi l’offerta di un’altra ditta, giusto per capire di cosa stiamo parlando, più che altro per curiosità.
Ad oggi sono ancora in trasferta, ancora a Fano, ormai qui sono a casa letteralmente, il mio appartamentino in centro, le passeggiate, i negozi, il mare, la spesa al supermercato, le cenette solitarie, il divano con il pc e le serie tv. Ultimamente ero spesso a casa mia la sera, con i miei gatti che per fortuna ci sono, mi fanno tantissima compagnia. La mia casa “vuota” senza figlia, gli spazi tutti per me, il non dover per forza rientrare ad un orario perché tanto nessuno mi sta aspettando, un senso di libertà così piacevole che ancora non mi ci abituo. Però a contrasto, quando sono via sono meno entusiasta, mi è stato fatto notare che proprio perché a casa non ho più obblighi, la libertà della trasferta viene meno, essendo altrettanto libera anche a casa… Comunque, non sono costretta a fare trasferte, le faccio perché mi piace farle, se dovessi stancarmene, lavorativamente parlando mi organizzerei diversamente, da remoto, o mandando i colleghi… soprattutto ora che sono ufficialmente la responsabile, a tutti gli effetti.
E quindi scrivo…. non scrivo… va avanti così. Il tempo vita sta accelerando in modo pazzesco, sono passati ben oltre due anni da che ho lasciato M, l’anno prossimo mia figlia inizia l’università… è sempre un vortice, ma questa volta sento che nonostante tutto, non mi sta trascinando giù, non lo sto subendo in modo passivo. Semplicemente, lo vivo.

Sempre di vendemmia

Perché alla fine, è un mese in cui si raccoglie l’uva, e la vendemmia è una metafora molto bella della vita, si piantano semi, si segue la crescita della pianta, arrivano i primi frutti, si spera non vengano distrutti da condizioni meteo avverse, si continua a nutrire e curare la pianta e monitorare i grappoli, i tralicci, gli acini che crescano sani e succosi, che si arricchiscano con il sole e la pioggia e che diventino perfetti, cosicché possano essere raccolti e trasformati in buon vino. Ma non è mica finita qui, ci si potrebbe accontentare e fare un vino per la grande distribuzione, un vino che nessuno ricorderà e di cui si avrà il guadagno minimo indispensabile. Se invece si vuole avere un vino eccellente, bisogna investire e lavorare ancora, selezionare con cura i grappoli migliori, quelli esposti meglio, e dopo la pigiatura coccolarli in una grande botte, i migliori potrebbero finire in botti piccole e pregiate, altri alla grande distribuzione, altri riversati in bottiglie, che a loro volta possono rimanere a maturare…
Prima di godere del lavoro fatto passano anni, e non è detto che i risultati siano sempre buoni, a volte basta un tappo nato male per rovinare una bottiglia, a volte la bottiglia cade e si rompe!
Trovo tutto questo un interessante spunto di riflessione sul corso in generale della nostra vita, in particolar modo per quanto riguarda la vita lavorativa (che con i sentimenti è tutto un altro discorso e non ha nulla a che vedere con l’argomento di questo post!).
Partendo dal presupposto che la vite deve essere sana e curata, che senza questo non ha senso neanche il discorso…

Chi ci crede, cerca di investire tutto ciò che di buono possa mettere in gioco, senza alcuna garanzia che possa andare a finire bene, eppure la si gioca ugualmente, e più ci mettiamo di impegno e meno garanzie possiamo avere che i nostri sforzi vengano ripagati. Già investire ed arrivare al minimo risultato utile è già un piccolo guadagno, c’è chi neanche investe!
Andare avanti con l’idea che potrebbe essere favolosa, rischiare, investire sé stessi, credere in un qualcosa che non dipende comunque da noi, ecco, non tutti siamo in grado. E non biasimo chi si ferma prima, se comunque almeno ha raggiunto un piccolo traguardo, chi almeno ci prova (e non l’eterno disoccupato “perché non è un lavoro alla mia altezza”, per intenderci).
Io pensavo di essere quella del piccolo traguardo. Ero contenta di ciò che avevo e che comunque avevo conquistato, non avrei mai immaginato né desiderato andare oltre.
Poi mi sono ritrovata a cambiare lavoro e lì sì, ho fatto un passo avanti. Un salto. E quando fai un salto così grande, e ci investi così tanto, mica ti puoi fermare giusto? A quel punto devi andare avanti e vedere come va a finire. Ad oggi mi sembra di aver aperto un paio di bottiglie e sono uscite molto bene. Ma ho ancora del vino nelle botti, altre in rifermentazione, chi lo sa come saranno. Ci vogliono anni per poter gustare un buon vino, perché è il frutto di tutta la dedizione ed il lavoro che hai investito, ed anche una buona dose di fortuna sugli eventi esterni, che non può mancare.
Mi si stanno prospettando alcuni colloqui di lavoro a cui comunque ho intenzione di andare. Dove sono a lavorare oggi mi sembra un paradiso, ma precludere altre opportunità senza neanche sbirciare di cosa si tratta, lo trovo inutile arrivata a questo punto. Così come sto in questo periodo seminando ed investendo nella società in cui lavoro, per prospettarmi un futuro lavorativo che possa continuare ad essere nelle mie corde e che possa continuare ad entusiasmarmi “anche” e “soprattutto” rimanendo dove sono ora, che mi pare un ottimo vitigno, certo non è perfetto (nessuno lo sarà mai), ma il vino esce bello corposo e soddisfacente.
Quello che so per certo, arrivata a “quasi” 50 anni, è che è stata una fortuna per me l’aver dovuto subire alcuni scrolloni che mi hanno portata a dover uscire dal mio orticello. Forse non l’avrei fatto altrimenti, o forse sì, chi lo sa. Di fatto, alcuni terremoti forti mi hanno costretta a reagire ed è stata senza ombra di dubbio una fortuna per me, alla luce di ciò che sono oggi.
Non sarà il vino migliore dei secoli, ma è il MIO vino, l’ho prodotto io, e ne sono tanto orgogliosa.
Chissà fra qualche anno che vino assaggerò da quelle piccole botti pregiate? 🙂

Vendemmia

A metà settembre, come titolo mi pareva consono. Non scrivo post da mesi, si parlava giusto ieri con un’amica del fatto che la tendenza è scrivere quando si ha bisogno di conforto, o confronto, mentre quando le cose vanno bene, manca la scintilla del volersi sfogare, da cui nasce buona parte dei blog, il mio indubbiamente nato sul disagio e sulla fatica di quei primi anni “da sola”.
Oggi scrivo da un appartamentino meraviglioso ubicato in un agriturismo residence di lusso, poco distante da Verona, in un paese in cui domani andrò presso azienda cliente per lavoro.
Ormai la mia vita è questa per gran parte del tempo: macchina, appartamenti/hotel di ottima qualità, ristoranti o cene solitarie in appartamento (le mie preferite) con un comodo divano e serie tv da guardare.
Quando le trasferte sono in Lombardia (o quando posso organizzarle in modo da capitarci, in un modo o nell’altro), si trasformano in giorni di convivenza con il mio uomo-martire, tra casa sua o appartamenti/hotel in posti a caso, alcuni belli, alcune topaie, importante è essere insieme, rubando giorni alla nostra relazione a distanza. Abbiamo trascorso insieme oltre tre settimane di vacanza, pochi giorni di distacco poi di nuovo quasi un mese insieme “a causa” delle mie trasferte lavorative. E se ancora tutto procede bene e mi sopporta, direi che non ho nulla di che lamentarmi!
Mia figlia convive con il fidanzato, detta così fa impressione, la cosa si è evoluta poco alla volta, lei da suo padre non ci vuole andare, ora è maggiorenne, il nonno era in ospedale, io spesso via… il fidanzato vive da solo… e tutto di naturale conseguenza, oggi è così. Mi fa un po’ tanto impressione pensarci, ma lei è così felice, serena, tranquilla… Quando andava dal padre, tornava a casa isterica… ora è sempre sorridente che è una gioia vederla. Fa tanto strano pensarci, ma il quadro è giusto così, i colori sono vivaci ed i contorni ben definiti!
Mio padre ha lasciato la donna con cui stava, che pur essendo una brava donna, di lui non si curava e lo faceva soffrire il più delle volte con la sua noncuranza. Io sono contenta che finalmente si sia deciso a staccarsi da lei, mi dispiace saperlo da solo ma lei era davvero un male più che un benessere… gli diceva che sarebbe passata a trovarlo poi si dimenticava di passare e di avvisare, provate ad immaginare quanto dolore gli causava ogni volta? …e questo è solo un esempio… ne avrei mille.
Una mia preoccupazione sono i miei due gatti, ho un signore amico di mio padre che va a casa mia quando io non ci sono, mi dispiace tantissimo lasciarli soli ma mi consolo nel fatto che comunque in due si fanno tanta compagnia. L’idea di darli a qualcuno mi ha sfiorato, ma egoisticamente penso che quando torno a casa mia, con questo nido vuoto, almeno ho loro a tenermi compagnia e sono così affettuosi e adorabili che non mi pesa tornare e dover ripulire il divano dai peli o ritrovarmi la casa puzzolente di merdine di gatto, i danni che mi fanno per dispetto (gomitoli di lana srotolati ovunque… per dire), se poi mi aspettano dietro la porta e mi miagolano per ore per raccontarmi tutto quello che hanno fatto in mia assenza (o per sgridarmi di averli lasciati soli così a lungo!)
Insomma, non ho da aggiungere altro. Non ho al momento nulla di cui dovermi sfogare, la mia vita attuale è faticosa nei lunghi viaggi ma ho tanta soddisfazione a compensare.
Tenete in considerazione che se scrivo poco è perché le cose vanno bene… e auguratemi più silenzio possibile su questo blog, di conseguenza!

Buona vendemmia 🙂

p.s. se mai doveste averne bisogno, assolutamente consigliato senza ombra di dubbio alcuno:
http://www.corteruffoni.it/

la vita che cambia

Oltre un anno fa ho adottato i miei due dolcissimi gatti, ben sapendo che la mia vita lavorativa mi porta spesso in giro, e ben sapendo che mia figlia avrebbe presto spiccato il volo verso la sua vita “adulta”. Prima di prendere i gatti infatti, ho parlato con mio padre per chiedergli se era disposto a fare “da gattaro”, pensando che oltre a farmi un favore, avrebbe anche fatto piacere a lui l’avere qualcosa a cui tenere, visto che all’epoca si lamentava sempre di quanto si annoiasse. Nulla poteva far presagire il disastro che sarebbe poi arrivato, la scoperta del tumore, l’operazione, otto mesi di ospedale, il rientro a casa “zoppo”.
Questa premessa per dire che la mia scelta di prendere i gatti, all’epoca aveva un senso, un appoggio, una continuità. Oggi è un gran casino. Diciamo che se lo scorso anno non avessi potuto contare su mio padre, i gatti non li avrei mai e poi mai presi!
Adesso non so come potrei rinunciare a loro, sono parte della mia casa incasinata di sabbietta, sono affettuosi, sono la mia compagnia quando rientro dalle trasferte e mia figlia non c’è (ormai non c’è quasi mai, e sono lieta per lei), la “sindrome da nido vuoto” colmata dai miei pelosetti. Non riesco a pensare troppo avanti nel tempo. Un pezzo alla volta vedo che, almeno fino ad oggi, si incastra. Il futuro è sempre difficile, e a volte neanche ci faccio troppo affidamento, visto che le premesse per prendere i gatti erano perfette, e guarda adesso che casino. Per adesso metto una pezza un weekend alla volta, poi si vedrà.

Quando le giornate si fanno piccole

Un veloce aggiornamento: mio babbo dal 1 aprile è tornato a casa. Ci eravamo fatti mille problemi sul dover adeguare casa sua con le strutture sanitarie giuste, trovare una badante, organizzare mille milioni di cose. La sera della festa del papà ero andata da lui in ospedale organizzando una cenetta io e lui (peraltro riuscitissima, una serata davvero bella) e mentre parlavamo di tutto quello che ancora c’era da fare mi sono resa conto che, ragionando in quel modo, non sarebbe mai tornato a casa in tempi brevi. Ho avuto uno di quei momenti di lucidità strana, che a volte per fortuna arrivano, in cui vedi le cose da un altro punto di vista e all’improvviso, solo cambiando prospettiva, tutto prende la giusta forma. Ero partita dal presupposto che la badante avremmo potuto sceglierla con calma, visto che la compagna di mio babbo si era resa disponibile per dormire da lui, e io potevo tranquillamente organizzare lo smart working per tutto il mese di aprile e lavorare da casa di mio padre, quindi essere presente all’occorrenza per qualsiasi cosa. Sottolineo che mio padre non è più allettato da mesi, cammina (con stampelle) ed è autonomo, ma ha bisogno nei movimenti più delicati, alzarsi da letto, mettersi le calze, farsi la doccia… tutto il resto (e sottolineo TUTTO) è in grado di farlo da solo. Rimaneva il problema della scale, per il suo appartamento ci sono tre rampe di scale da fare, ma i dottori hanno garantito che lui è in gradi di farle, con qualcuno a fianco in caso di necessità, quindi non occorre urgentemente neanche il montascale… insomma, facciamoci su le maniche, non sarà una passeggiata ma FACCIAMOLA.
E’ trascorso quasi un mese e sta procedendo anche meglio del previsto. Mi è capitato di dover fare via la giornata lavorativa ma lui si è organizzato senza problemi e riesce anche a cucinare. Una volta pure mia figlia è andata a pranzo da lui quando io ero via. La compagna di mio padre c’è e non c’è, senza alcuna regola fissa, come sempre è stato del resto, cerco di non farci affidamento. Mille amici di mio babbo lo chiamano in continuazione, fanno a turni per portargli la spesa, per andare da lui per un aperitivo, una cena, le partite di calcio in tv, adesso che la stagione migliora anche uscire a fare due passi. E’ un uomo buono che ha seminato tanto amore nella sua vita e per fortuna adesso ne raccoglie i frutti ed è circondato di persone che gli vogliono bene e gli sono vicine, non solo a parole ma concretamente con i fatti. E NON E’ POCO.
Per quanto mi riguarda, lo trovo davvero bene. Ha voglia di fare, di muoversi, non vuole vegetare. Io in smart a casa sua sto benissimo e non mi pesa, faccio un po’ fatica a tornare alla vita “normale” della donna che cucina, sistema, mette in ordine… quando ormai ero una viziata tra ristoranti ed hotel 😀
Scherzi a parte, questo mese è promosso 10+.
Oggi avrei potuto lavorare ma me lo sono presa di ferie, visto che ferie per Pasqua non ne ho fatte (tanto via non sarei potuta andare) ma continuo a sentire il bisogno di riposarmi un po’ dopo il solito periodo massacrante di inizio anno (lavorativamente parlando). Oggi quindi a casa senza dover lavorare, ho detto a mio padre se voleva approfittarne per fare un po’ di commissioni, comprare le scarpe per la stagione estiva, andare in banca per sistemare alcuni conti e così via…
Ho fatto spesa, preparato pranzo, sistemato i piatti e con calma siamo partiti. Abbiamo passato la giornata insieme, tra negozi, la carrozzina da caricare e scaricare sulla mia macchina (forse la prima volta che apprezzo questa macchina, visto che il bagagliaio tiene perfettamente la carrozzina), mia figlia che aveva bisogno anche lei per una commissione e l’abbiamo portata, poi un aperitivo in un bar, e le scale mobili all’iper, entrambi con il terrore e poi a ridere come bambini per la tensione superata (le ha FATTE!!!).
Di questa giornata volata via in un soffio mi rimarrà il momento in cui mio padre, il solito piacione che fa il simpatico con tutte le belle donne, faceva il brillante con la commessa del negozio di scarpe, con frasi del tipo “ma guardi che questa è mia figlia, non pensi che sia mia moglie, solo perché io sono così giovane per avere una figlia così grande! è che adesso sembro più vecchio solo perché sono appena uscito dall’ospedale e dopo quasi un anno finalmente vado in giro e devo ancora riprendermi, ma di solito sono meglio di così”, la commessa che ride, lui che incalza sul fatto che avrebbe preferito uscirne meglio ma pazienza, io che faccio una battuta dicendo che per come era iniziata, essere lì in piedi a provare scarpe sembrava un sogno… insomma, è stato uno scambio di risate piacevoli ma con un sottofondo di malinconia, la commessa di sicuro lo ha percepito, ad un certo punto mi ha detto che bello, vedervi così, siete bellissimi, solo voi potete sapere quanto sia stata difficile ma posso immaginarlo, ed è proprio bello vedervi così a ridere insieme.
Una sconosciuta, in un negozio di scarpe, in un momento da nulla.
Eppure mi sono commossa, mi sono venute un po’ di lacrime agli occhi, le ho detto un po’ sottovoce che non può neanche immaginare che bello sia poter passare la giornata a “faticare” appresso a mio babbo, che è in piedi, sulle sue gambe, anche se malmesso e tutto storto, siamo ancora in giro insieme.
Ecco, le giornate come questa danno tutta una dimensione diversa alla vita, quando la guardi da un’altra angolazione e ti accorgi che sei fortunata e che anche nei momenti più difficili c’è sempre da imparare e anche quando tutto fa schifo, c’è comunque qualcosa per cui essere lieti e ringraziare di avercela, una vita. Ad agosto dello scorso anno c’è stata una sera in cui una telefonata mi avvisava che forse non avrei rivisto mio padre, oggi ero con lui al centro commerciale, lo guardavo, me lo abbracciavo, ridevamo insieme. Magari la vita fa schifo, ma se giri la testa guarda quanto buono che invece c’è da vivere.

Crisi strana

Ieri ho avuto una crisi strana e preoccupante mentre guidavo in autostrada, tanto che ho rallentato ai 70km/h piazzandomi dietro un camion fino all’uscita.
Ho dato la colpa al poco sonno, il lunedì, il cambio di orario, il pranzo troppo leggero e poco nutriente, un’ora di chiacchiere al telefono con mio padre mentre guidavo, che in macchina devo sempre tenere la voce alta e sforzare molto, oltre a dover tenere la concentrazione doppia.
Insomma, mi è calata una foschia davanti agli occhi come se stessi per svenire, mi sono decisamente “cagata sotto” (e scusate il francesismo).
Mi sono spostata a destra e ho rallentato, ho acceso l’aria condizionata per buttare freddo, ho attuato la respirazione diaframmatica, per fortuna ha funzionato e la crisi è rientrata, mancava mezz’ora all’arrivo e con calma sono giunta a destinazione.
Ieri sera sentivo di avere ancora un po’ di fastidio e tolto il poco sonno, il lunedì, il cambio di orario, la malnutrizione, tutto quello che la sera era ormai passato, insomma ero ormai nel letto in albergo, fatta una buona cenetta tranquilla con il mio kindle.
Stavo ragionando sul fatto che prima di partire avevo litigato di brutto con mia figlia, per le solite cose di cui una madre può litigare con una figlia adolescente e maggiorenne (che terribile accostamento!), ma noi di solito non litighiamo e quindi mi pesano tanto. E pensavo anche al fatto che ho parlato tanto con mio babbo facendo tanti bei progetti e pensando tante belle cose per il futuro prossimo, e mi rendo conto che di certo non c’è nulla, che ogni esame che farà è un terno al lotto, che sono tante le cose che non vanno proprio bene ma potrebbero migliorare, ma potrebbero peggiorare.
Il mese di aprile sarà all’insegna della precarietà e del non poter fare alcun progetto, e penso che alla fine ciò che mi destabilizza davvero sia questo, anche se sinceramente mi sembra di essere abbastanza “centrata”, nel senso che vedo le cose per quelle che sono e sono consapevole che vadano vissute un giorno alla volta, è una fase che può essere passata solo in questo modo.
Vorrei poter pensare solo a quello che mi rende felice, ma alla fine mi rendo conto che se lo facessi fregandomene completamente di mio padre (e di mia figlia, in altri casi), non sarei affatto felice in ogni caso. E rendermi utile agli altri è comunque una cosa che mi rende felice, quindi è un ottimo modo per predisporre questo mese di aprile.
Il pover’uomo che deve sopportarmi nella mia vita da Taz, in questo mese avrà da sopportare una donna statica. Basta che non ci faccia troppo l’abitudine 😀